Nota
storica
Ancora largamente incompleta, la città venne inaugurata con grande mobilitazione di gente e di mezzi, il 18 dicembre 1938 alla presenza del capo del Governo Benito Mussolini. Le prime strutture furono: la chiesa di San Ponziano con il campanile (su modello della chiesa di Aquileia -Ud- ), il Municipio, la Torre Civica detta Littoria, il cine-teatro adibito anche a O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoro) e alcuni spacci popolari sparsi sul confine cittadino. Queste opere ricalcavano modelli architettonici romano-imperiali (es. i portici, la vastità degli archi allingresso delle abitazioni e delle strutture pubbliche ecc.), come pure ampiezza delle strade, tutto a simboleggiare lideologia della grandezza e potenza tipica del regime. Le prime abitazioni sono sorte intorno alla Villa Sulcis, per accogliere le personalità più in vista; villini a due piani con vasto giardino destinati ai dirigenti, agli architetti e ingegneri. Per i primi operai sorsero alberghi capaci di accogliere mediamente 12 lavoratori per vano. Data lestrazione socio-economica degli operai richiamati, e la povertà sostanziale dei mezzi finanziari del regime, la nascita delle prime abitazioni popolari avvenne solo dopo linaugurazione della città e lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il Comune di Carbonia poteva contare già nel 1940 circa 5.000 alloggi popolari e un ospedale con 150 posti letto. Urbanisticamente le vie di Carbonia convergevano verso le miniere in periferia. Quasi tutti i minatori ed operai godevano dellabitazione pressoché gratuita e ciò costituiva un onere molto rilevante per lA.CA.I., Azienda Carboni Italiana. Per coniugi e capi famiglia la spesa daffitto dellabitazione incideva per tre quarti sul bilancio della Società. Era un trattamento complessivo superiore a quello fissato dai prezzi sindacali. Ogni abitazione era dotata di un buon impianto sanitario e lampiezza totale della casa si aggirava intorno ai 60 mq.
Mentre Carbonia ed il resto del Sulcis andavano spopolandosi e la Società Mineraria Carbonifera Sarda si trovava alla deriva, mutava sensibilmente la suddivisione del reddito: la crisi della Società mineraria colpiva direttamente gli operai e gli impiegati (circa 10.000 nel periodo doro) riducendone il numero di circa 4.000 unità e conseguentemente lasciando nel bisogno circa 15.000 persone e creando un sotto-consumo per commercianti, artigiani, esercizi e trasportatori. La crisi monoeconomica lasciava sullorlo del fallimento anche le ferrovie locali. Considerato che il numero delle maestranze doveva ridursi, veniva adottata una soluzione diversa dal licenziamento: una superliquidazione (£ 450.000) più il normale premio di buonuscita per chi si fosse dimesso volontariamente. Il primo tangibile segno della ripresa del Sulcis si ebbe nel 1959 allorché il Ministero delle Partecipazioni Statali approvò il progetto per la costruzione di una supercentrale termoelettrica da realizzarsi a Portovesme, quasi a fianco della vecchia e prima centrale sorta per bruciare il carbone delle miniere sulcitane. Nel 1962, con la nazionalizzazione di ogni azienda produttrice di energia elettrica, le poche migliaia di minatori, ancora rimasti abbarbicati alle miniere, vedevano come salvezza il proprio trasferimento allEnte elettrico di Stato. Nella metà degli anni 50 un altro grave problema era costituito dalla esigenza di garantire i servizi: se nel 38 i fabbricati di Carbonia ospitavano circa 6.000 cittadini, gli stessi fabbricati nel 52 ne ospitavano almeno 40.000. Quindi al Comune di Carbonia veniva trasferita la libera proprietà delle aree inedificate contenute nel perimetro del piano regolatore, dove avrebbe avuto inizio lesecuzione di lavori di interesse pubblico ( scuole, rete viaria, fognature, distribuzione idrica, illuminazione pubblica). La presenza della nuova industria di Portovesme aveva sortito i primi effetti positivi col rientro in Carbonia e nel Sulcis di famiglie emigrate, e con lincremento di nuove e giovani famiglie. La punta più alta di abitanti raggiunta dal Comune di Carbonia è del 1950 con 47.858; la punta più bassa nel 1971 con 30.769. Tuttavia la lotta per la sopravvivenza delle miniere carbonifere del Sulcis, in un territorio con poche alternative alla monicoltura estrattiva , venne portata avanti negli anni 70 e 80, salendo agli onori della cronaca ancora ai giorni nostri. Parallelamente allestremo tentativo di salvare le miniere e di spingere
lENEL a portare avanti il discorso carbonifero, hanno avuto un
sensibile sviluppo il settore impiegatizio, terziario
e di piccola impresa sempre comunque legati agli alti e
bassi del settore produttivo primario.
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Alcuni
monumenti tra i più significativi della nostra città
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